L’immagine dell’Unicorno nell’arte

unicorno
Marco Pierini
Data di pubblicazione

Si può dire senza paura di esagerare che, nel Medioevo, chi avesse osato avanzare dubbi riguardo all'esistenza dell'unicorno, sarebbe stato tacciato non solo di ignoranza e malafede ma anche, e soprattutto, di eresia. Le fonti che documentavano con assoluta certezza la presenza di questo animale in remote contrade d'Oriente erano tante e tali da non poter essere messe minimamente in discussione. Due erano i canali principali attraverso i quali la leggenda dell'unicorno si era diffusa nel Medioevo: uno, che potremmo definire "classico", procedeva da Ctesia (il primo a nominare l'unicorno nella storia della letteratura) ad Aristotele fino ad arrivare a Plinio, l'altro, più tipicamente medievale, risaliva al Phisiologus, bestiario greco del II secolo d.C. che raccoglieva leggende sugli animali interpretate come allegorie di stampo cristiano. La Bibbia stessa poi, pur non fornendone mai una descrizione, menzionava per ben sette volte l'unicorno poiché era con questo animale che gli ignoti traduttori (i "Settanta") della versione alessandrina del III secolo d.C. avevano identificato l'animale fantastico Re'em presente nei testi sacri [1].

Al suo primo apparire nel mondo della rappresentazione figurativa, l'immagine dell'unicorno si componeva di una sintesi più o meno arbitraria delle due tradizioni, quella greca che lo voleva simile ad un asino selvatico e dotato di un bel corpo bianco grande come quello di un cavallo e anche di più e quella del Phisiologus che ce lo descrive invece assai più piccolo, simile ad un capretto con la barba. Capitava talvolta che a prevalere fosse l'elegante immagine del cavallo, come in un mosaico dell'Abbazia di S. Benedetto a Polirone e talvolta quella dell'animale minuto come nell'affresco di San Pietro in Valle a Ferentillo ma più spesso l'incrocio tra le due fonti portava alla creazione di nuove ibride varietà una delle quali si può vedere nel pavimento del Duomo di Otranto. I tre esempi citati sono pressoché coevi e risalgono alla seconda metà del secolo XII. I numeroso unicorni che furono raffigurati in capitelli, vetrate, affreschi e arredi sacri nel corso dei secoli erano, tranne qualche rara eccezione [2], figure del Cristo e ne rappresentavano attraverso il corno, la potenza, l'unità con Dio Padre e la purezza (il corno sapeva scoprire le impurità, i veleni e le minime alterazioni in qualsiasi sostanza). Verso la metà del Duecento cominciò ad essere molto popolare la leggenda della cattura dell'unicorno per mezzo di una vergine [3] sul cui grembo quest'animale forte e selvaggio avrebbe posato spontaneamente la testa trasformandosi così in una facile preda per i cacciatori. Vedendo nella vergine la figura di Maria e nel cacciatore quella dello Spirito Santo, si lesse la cattura dell'Unicorno come una allegoria dell'immacolata concezione e la rappresentazione dell'unicorno conobbe una notevole diffusione parallelamente all'incremento del culto mariano. Curiosa la variante che si riscontra in un bestiario inglese dove la vergine è completamente nuda [4]. Il passo da Maria alla "madonna", dall'ideale celeste della donna a quello terreno fu breve e l'unicorno si rivela in tutta la sua duplice valenza di significato: simbolo della purezza della verginità e della castità ma anche dell'amore fisico e della fecondità come suggerisce il corno, evidente simbolo fallico.

Col passare del tempo l'unicorno diversifica ancor più la sua iconografia fino ad apparire un magnifico cavallo bianco con corno in un arazzo della fine del XV secolo [5] e un mostruoso e deforme capro in una miniatura di Giorgio Martini [6]; allungò però in maniera costante nei secoli il corno fino a ritrovarsi con un attributo lungo quasi come il resto del corpo: è così che lo incontriamo nel celebre ciclo di arazzi "La dama dell'Unicorno" del museo di Cluny, realizzato tra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento e che rappresenta un po' il trionfo della sua nobile immagine.

Note Bibliografiche

1. L'unicorno è definitivamente scomparso dalla Bibbia con la versione concordata dove è stato sostituito con il bufalo.

2. In un salterio conservato a Stoccarda e risalente al terzo decennio del secolo IX (Salterio di Stoccarda folio 27 r., Württembergisches Landesmuseum, Stoccarda) troviamo l'unicorno ed il leone che minacciano Cristo in croce. La scena è ispirata al Salmo XXII (XXI) v.22.

3. Anche questa leggenda proviene dal Phisiologus.

4. Rochester Bestiary, MS. Royal 12 F.XIII, folio 10 v. British Museum.

5. "La caccia all'Unicorno", arazzo francese o fiammingo della fine del Quattrocento, Metropolitan Museum (Cloister Collection) N.Y.

6. "La castità", Convento dell'Osservanza, Siena.

 

L'Unicorno, a.2 n.1, gen - mar 1991